venerdì 12 dicembre 2008

Sessant’anni dopo..la dichiarazioni dei diritti umani


Giovedì scorso si è celebrato l’anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani ( Parigi, 10 Dicembre 1948). Questo documento proposto dalle Nazioni Unite, fu pensato in seguito alle atrocità della Seconda Guerra Mondiale, come segno di speranza di un mondo di pace.
E’ un importante testo etico che si basa sui diritti fondamentali di un essere umano e il concetto stesso di dignità.
Questo documento è stato pensato sulla scia di altri scritti storici precendenti: la Magna Charta (1215), la dichiarazione d’indipendenza degli U.S.A. e la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino composta durante la Rivoluzione Francese.

Ma quanti uomini, quanti governi rispettano questa dichiarazione?
Certo, è vero che queste regole non sono giuridicamente vincolanti, però si tratta di regole per un rispetto reciproco tra esseri umani, e credo che questo basti.
Forse sono troppo ottimista, il rispetto e la pace sono sempre state e forse sempre saranno, delle utopie, ma fare qualche passo nella direzione giusta, è già un buon traguardo.
Le cause della lontananza da questo obbiettivo sono sempre le stesse: siamo troppo presi dai nostri pregiudizi, rancori e sospetti che non riusciamo a considerare ogni individuo con un atteggiamento di tolleranza e considerarlo in tutta la sua umanità.
Non bisogna pensare questa dichiarazione come qualcosa di generale e lontano dalla vita comune e quotidiana: è qualcosa di vicino a noi, a tutti.
Forse noi non ci rendiamo conto di come la maggior parte dei diritti citati in questo documento sono per noi scontati; ma questo ci è possibile perché abbiamo la fortuna di vivere in uno stato e in un ambiente dove la dignità delle persone non è un privilegio di pochi.

venerdì 5 dicembre 2008

Pippo Baudo vs Maria de Filippi


Ebbene sì. Pippo Baudo sfida Maria de Filippi sugli ascolti del sabato sera. E’ apparso fiero del suo nuovo programma Serata d’onore ostentando sicurezza pensando di poter superare il famoso programma C’è posta per te. Ma così non è stato. I dati più recenti dell’Auditel dimostrano che il pubblico della prima serata rimane incollato allo schermo dove predominano abbracci e incontri strappalacrime. Alla base dell’agonismo di Baudo, c’è un giudizio sbagliato del pubblico italiano, che in realtà, preferisce l’atmosfera prefabbricata e storielle inventate piuttosto che un varietà rivisitato,ritenuto dalla critica elegante, in stile moderno con un buon concentrato di cultura e ospiti di tutto rispetto.
Bisogna rassegnarsi, davanti al televisore l’audience si appassiona a apparenti storie di gente comune, famiglie spezzate e ricongiunte, incomprensioni con il solito banale lieto fine.
Gente che utilizza la TV come strumento di vanità e speranza di popolarità.
Un insieme di ingredienti fatti da ospiti famosi ( Tiziano Ferro, Mariah Carey..), sentimentalismi e compresenza dell’ugualmente applaudito programma Amici, per formare un mix adatto a tutte le età e seguito da milioni di persone, lo show vincente.
La leader del sabato sera che punta sulla semplicità è una garanzia d’ascolti.
A lungo criticata e applaudita, i suoi programmi riscontrano sempre un grande successo: qual è il segreto della sua riuscita? Cosa tiene gli spettatori incollati al televisore, anche una buona parte di quelli che ammettono uno scarso valore culturale?
Vorrei sapere se seguite i reality condotti e pensati da Maria de Filippi, e cosa ne pensate.

venerdì 28 novembre 2008

Violenza sulle donne i numeri della vergogna.


"Violenza sulle donne: sono aumentate del 10%, rispetto all' anno scorso, quelle che ce la fanno a uscire dal silenzio. Almeno, per chiedere aiuto. A scattare una fotografia precisa della situazione è la sede locale dell' Udi che ieri ha organizzato il convegno "Rompere le catene della violenza si può", all' auditorium di Palazzo Rosso. La follia s' innesca tra le mura domestiche e arriva dal partner (92,4% dei casi) o dal marito (57%). L' indicatore più grave è che il 24% delle donne che si rivolgono all' Udi, a Genova, ha subito maltrattamenti durante la gravidanza. L' 80% ha figli, il 60% figli minorenni. Il 79% delle violenze vengono perpetrate da un italiano, così come è italiano il 70% delle vittime. E i maltrattamenti non s' annidano solo in situazioni di degrado, perché il 16% delle donne coinvolte ha la laurea. Vittime e carnefici appartengono, poi, alla stessa fascia anagrafica: dai 30 ai 50 anni. [...] -MICHELA BOMPANI

Fonte: Repubblica — 25 novembre 2008


Paura. Paura tra le mura domestiche soprattutto, terrore del proprio marito o compagno. Un vero inferno. Molte donne d’Italia e di tutto il mondo subiscono ogni giorno matrattamenti fisici e morali in silenzio. Molti giustificano il silenzio dicendo che queste situazioni possono essere collocate in un contesto di degrado, ma dati statistici dimostrano che molte di queste donne sono laureate o donne in carriera. E allora perché non denunciano il molestatore?
La scelta di denunciare l’aggressore non è per nulla semplice: nella maggior parte dei casi, le violenze avvengono all’interno del nucleo familiare, da parte di persone a cui si vuole bene e a cui si è legati, diventa un amore malato. Molte di queste donne hanno a carico dei figli e non vogliono privarli del padre, molte hanno paura del parere della gente e preferiscono subire cercando di nascondere il più possibile questo fatto. Moltissime donne vivono nel panico e abituate a subire imprevedibili violenze scaturite da minimi pretesti, da alcool o da una giornata storta del marito.E così, quel luogo che dovrebbe essere il più sicuro e sereno, diventa un luogo di terrore. Il problema è che questi casi sono da molti considerati “questioni personali” tra marito e moglie, che fanno parte di un rapporto e vanno risolti privatamente. Inoltre, i media non si interessano molto di queste questioni, che restano in penombra e non vengono mai affrontate veramente.
Non è giusto che queste donne vengano lasciate sole, bisognerebbe dare loro una prima assistenza e un posto sicuro dove stare in modo da convincere un numero maggiore di vittime a uscire allo scoperto e a mettere fine, una volta per tutte, a queste umiliazioni.

venerdì 21 novembre 2008

Disabile? niente affitto.

http://www.youtube.com/watch?v=BLMDb5k6wu4

Questo servizio a cura della rete televisiva retesole, si propone di mostrare le difficoltà dei disabili nell’affitto di un immobile.
Come si può capire dalle immagini,nella nostra società i pregiudizi sono soltanto ricoperti da un velo di falsa modernità ostentata e che la chiusura mentale è ancora molto diffusa. Lle ragioni per cui non si accetta di affittare un appartamento possono essere varie come la mancata serietà o il mancato rispetto nei confronti della struttura e degli altri possibili condòmini, ma un rifiuto a un cittadino solo sulle basi di un handicap fisico è solo un chiaro segno di discriminazione.
Nel 2008 siamo ancora ancorati ai nostri luoghi comuni e pregiudizi che impediscono di accettare veramente le persone “diverse”.
Il fatto è che, a parole ci riteniamo una società moderna e tollerante, una società ormai vicina al “tutto concesso”, in realtà i fatti dimostrano il contrario: solo nell’ottenere un appartamento in affitto, immigrati, omossessuali e disabili hanno gravi difficoltà perché incontrano spesso l’ipocrisia della gente.
Ritengo che oltre che una difficoltà pratica, queste persone subiscono un evidente danno morale.
Lo studente “diversamente abile” che ha accettato questa sfida, si è imbattuto in persone che non l’hanno preso nemmeno in considerazione, trattandolo come una persona di poca importanza e cercando di allontanarlo più o meno gentilmente.
Su 10 agenzie immobiliari contattate, 7 hanno rifiutato la richiesta del disabile senza alcuna spiegazione.
Come dice uno di questi ragazzi intervistati davanti a palazzo di Montecitorio, non serve fare le giornate nazionali per i disabili, se poi quotidianamente queste persone subiscono umiliazioni e freddezze che non meritano. Si dovrebbe dare una svolta a questa condizione di chiusura e che vengano tutelate maggiormente le persone in difficoltà.

Fonte:http://www.laltrainchiesta.com/

venerdì 14 novembre 2008

La gioia? Un attimo di paradiso così naturale, così fuori mercato – Vittorino Andreoli

“ Sono stato definito lo psichiatra dei casi estremi. Uno che compare quando si consuma una tragedia, un testimone del dolore. Nessuna meraviglia allora che i miei pensieri scricchiolino un po’, quest’oggi, volendo parlare della gioia, come se richiedessi a me stesso percorsi inattesi e prove da salto mortale. Sono sempre stato colpito da una frase di Francis Bacon, il pittore dei volti scomposti e appena riconoscibili, perché maciullati. Diceva:” Ho tentato per tutta la vita di dipingere un sorriso”. Forse anch’io sono incapace di parlare di gioia pur se ho tentato molte volte di farlo. La gioia è un sentimento interiore, intimo: un’esperienza di ben d’essere, di contentezza composta, di soddisfazione non gridata. Non è il piacere che si lega sempre al corpo o a una sua parte. Una sorta di sollecitazione che scatena un’acme di godimento. La gioia è semmai un piacere senza corpo, appartiene a quell’”Io” che è oltre il corpo, che non lo nega ma ne emerge, lo trascende […]

Si può essere di successo mimando il ruolo scelto dal regista o da un produttore di spettacolo che ti àncora a un burattino che funziona, ma tu sei altro. Quanto maggiore è il successo, la vittoria del tuo burattino, tanto maggiore è la lontananza da quello che vorresti essere, il tuo “Io” ideale.
La gioia è un sentimento ineffabile, indicibile: ogni volta che lo trasformiamo in parole, sentiamo che queste si fanno strette e inadeguate. […]

La gioia è un benessere che passa, momentaneo. Forse per questo lo si apprezza o lo si desidera. Poiché nasce dallo specchiarsi in noi stessi, dipende dal nostro essere e dal nostro essere nel mondo. E se questo mondo è orrendo, come mi appare sovente, la gioia risente del dolore dell’altro, risente dell’ingiustizia, dell’intolleranza. Insomma non si pensi che la gioia che nasce da una visione interiore si sé dentro il mondo, sia una sorta di narcisismo e di egoismo: tutt’altro, è una percezione di sé dentro al mondo, influenzati da com’è il mondo. […] “.


Pochi giorni fa mi è stata consigliata la lettura di un brano scritto da Vittorino Andreoli sul significato della gioia, che egli definisce come “il sentimento più democratico del mondo”.
Grazie a questa lettura mi sono ritrovata a pensare a cosa sia esattamente questa entità astratta di cui si parla poco, e che pochi conoscono veramente.
In concordia con il parere dell’autore, penso che spesso si confonda la gioia con il successo, in realtà la distinzione è abbastanza netta.
Penso che la gioia sia differente per ogni persona, essa dipende strettamente dalla sensazione di soddisfazione che una persona prova nel vedere realizzati i propri obiettivi, è quella che può essere chiamata la sensazione di una “vita realizzata”. Quando ci poniamo delle mete da raggiungere e riusciamo a ottenerle, cresce la nostra autostima e la nostra fiducia in noi stessi. Questo ci aiuta poi ad affrontare le sfide di tutti i giorni con più serenità. La gioia non è qualcosa che si raggiunge ricercando l’approvazione degli altri: questo è il successo. La gioia è qualcosa di interiore, di più profondo.
A forza di cercare il “battimano”, si finisce per perdere di vista i propri obiettivi e il proprio “io ideale”.
Ci sono un’infinità di personaggi famosi di cui si potrebbe portare l’esempio che non sono felici, eppure hanno tutti i beni materiali che chiunque possa desiderare e i loro volti sono stampati sulle migliaia di copertine di settimanali nazionali o internazionali.
Le persone felici, sono quelle che hanno raggiunto una situazione stabile di armonia con se stessi e con gli altri, quelle persone il cui sorriso è dovuto alla sicurezza che quella vita che stanno vivendo, sta servendo a qualcosa.
E sono anche convinta che spesso si crede che questa gioia che ogni persona di questa Terra ricerca continuamente, vada cercata chissà dove; forse non ci accorgiamo che ciò che cerchiamo è vicino a noi, basta possedere la semplicità che permette di assaporare le piccole cose.


avrei voluto inserire un video legato a questo argomento, ma siccome ho qualche difficoltà tecnica, vi copio il link: http://www.youtube.com/watch?v=Phk_o91gzEU

domenica 9 novembre 2008

Nucleare, gli italiani ci ripensano:la maggioranza ora è favorevole.

8 Novembre-In questi giorni ricorre l'anniversario dei referendum che, nel 1987, hanno di fatto sancito l'uscita dell'Italia dal gruppo di paesi produttori di energia nucleare. Ventun anni fa, attraverso l'abolizione di tre articoli di legge, il popolo italiano sentenziava il rifiuto alla presenza di centrali nucleari sul territorio nazionale. Il tema, tuttavia, è rimasto nel dibattito pubblico e, anche recentemente, alcuni esponenti politici, tra cui il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il leader dell'Udc Pierferdinando Casini, hanno espresso la volontà di tornare ad investire nella soluzione nucleare. I dati raccolti da Demos nelle scorse settimane mostrano un'opinione pubblica piuttosto aperta verso l'opzione nucleare, per quanto siano da segnalare importanti distinguo, soprattutto dal punto di vista generazionale e politico. Nucleare: sì o no? Quanto rilevato nel sondaggio ci mostra una realtà mutata e interessante. I favorevoli alla costruzione di centrali nucleari in Italia sono il 47%, mentre a confermare il rifiuto per l'energia prodotta dalla fissione dell'atomo è il 44%. E' dunque la maggioranza relativa a "ripensare" l'esito del referendum, anche se non possiamo ignorare il 9% che sceglie di non esprimersi. Spostando l'ipotetica centrale dalla generica nazione alla provincia di residenza del rispondente, le opinioni mutano leggermente verso. I contrari alla costruzione, in questo caso, sono esattamente la metà - il 50% - mentre quanti si dicono comunque "a favore" sono il 41% - con, ancora, un 9% di incerti.
Giovani contro. Se osserviamo i risultati in base alla classe d'età del rispondente, vediamo come siano proprio i più giovani, quanti cioè non hanno preso parte al referendum di oltre vent'anni fa, a esprimere il parere maggiormente negativo. Infatti il dato si alza tra coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni (48%) e nella fascia tra i 35 e i 44 anni (dove tocca il 50%). Se invece consideriamo quanti non vogliono la centrale nella propria provincia di residenza, vediamo come siano sempre le generazioni più giovani ad esibire l'opposizione più netta: tra i 15 e i 44 anni, infatti, sono oltre il 54% ad esprimersi negativamente, contro una media del 50%. Nord e Sud. Il nucleare taglia in due anche la penisola. Se il Nord tende ad essere più favorevole al ritorno al nucleare, il Centro e il Sud mostrano scetticismo. In particolare, è il Nord Ovest a manifestare maggiore apertura, sia per la costruzione di centrali in Italia (54%, +7 punti percentuali rispetto alla media) che nel territorio (46%, +5 punti percentuali). I più scettici sono invece i cittadini del Centro: il 37% accetterebbe la costruzione di una centrale nella propria provincia, mentre è il 43% ad auspicarne la costruzione nella penisola (per entrambi lo scarto rispetto alla media nazionale è negativo di circa quattro punti). L'ambiente e la politica. Anche la variabile elettorale offre spunti interessanti di riflessione e ci aiuta a comprendere come le posizioni discendano anche - e soprattutto - da ragioni "politiche". La spaccatura tra destra e sinistra, in altre parole, divide anche tra favorevoli e contrari alla costruzione di centrali nucleari. Gli elettori di PdL e Lega Nord, ma anche quelli dell'Udc, si distinguono per il grande favore con cui vedono la costruzione di centrali, sia in Italia che nella realtà locale. Le aree di maggiore scetticismo (o di aperta opposizione) si concentrano invece tra gli elettori del Pd, dell'IdV e, soprattutto, della Sinistra Arcobaleno.
Commento:Questo articolo prende in esame una delle fonti di energia “pulita” più utilizzate nel mondo.
L’Italia è stata fin’ora contraria alla costruzione di queste centrali basandosi su un referendum del 1987.
Ultimamente, Berlusconi e Casini hanno espresso la volontà di tornare a riflettere sui pregi di produzione di energia dal nucleare.
Personalmente ritengo che questa fonte di energia coprirebbe una buona parte del fabbisogno energetico italiano rispettando l’ambiente. Sicuramente va presa in esame la gravità delle drammatiche conseguenze in caso di incidente, ricordiamo l’epilogo di Chernobyl, di cui ancora oggi la scienza non è in grado di determinare esattamente quali siano state le conseguenze effettive sulla salute.
Dal 1987 però, la ricerca scientifica ha sicuramente eleborato strutture più sicure che hanno meno probabilità di incorrere in guasti. Inoltre, le emissioni di radiattività di una centrale nucleare, si diffondono per molti chilometri quindi, siccome molte altre nazioni europee vicine a noi possiedono sul loro territorio centrali di questo tipo, se ci fossero emissioni radiottive, ne subiremmo le conseguenze anche noi.
E’ da considerare anche il fatto che la costruzione di centrali nucleari comporta spese elevate a cui un’industria privata non può far fronte e a cui lo stato deve partecipare sia durante l’attività (protezione soprattutto), sia per lo smantellamento alla fine del suo lavoro. Bisogna valutare se lo stato italiano intende investire in questa direzione.
In ogni caso il sondaggio proposto da Repubblica riporta una percentuale minore di persone a favore del nucleare se la centrale è nei pressi della loro abitazione: in molti paesi i cittadini organizzano manifestazioni per impedire la costruzione di queste centrali, anche se dimostrata la loro relativa sicurezza.

Vorrei sapere cosa ne pensate riguardo a questo argomento che potrebbe interessare presto la politica del nostro paese.

venerdì 7 novembre 2008

il nuovo "business verde"


Barack promette di 5 milioni di posti di lavoro nell'energia pulitaSilvestrini: "Ora risulta ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano"di VALERIO GUALERZI.




ROMA - C'è una rivoluzione nella rivoluzione con l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Il prossimo presidente degli Stati Uniti è nero, il prossimo presidente degli Stati Uniti ha appena 47 anni, ma il prossimo presidente degli Stati Uniti ha anche un programma energetico e ambientale assolutamente innovativo che fa del "business verde" un tassello fondamentale della rinascita americana e di un riscoperto multilateralismo. Centralità che il senatore dell'Illinois non ha mancato di ribadire anche nel primo discorso pronunciato appena avuta la certezza di aver sconfitto John McCain. "Anche se stanotte festeggiamo, sappiamo che le sfide che ci porterà il domani sono le più grandi della nostra vita: due guerre, un pianeta in pericolo, la peggiore crisi finanziaria del secolo", ha avvisato Obama, aggiungendo però che "ci sono nuove energie da imbrigliare e nuovi lavori da creare". Una speranza offerta innanzitutto a un Paese a terra dopo l'uragano partito con lo scandalo dei mutui subprime, ma che non potrà non avere profonde ripercussioni globali. "Obama ritiene importante che gli Stati Uniti si impegnino nella lotta ai cambiamenti climatici e propone un rientro del paese nelle negoziazioni internazionali sul clima, senza attendere che Cina e India facciano altrettanto, evitando così una paralisi del processo decisionale", spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ed ex consulente del ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani. "Come strumento d'azione - ricorda ancora Silvestrini - il futuro presidente propone uno schema analogo a quello dell'emissions trading europeo, ma con un pagamento delle quote da parte delle industrie e la destinazione dei proventi (15 miliardi di dollari all'anno) per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Questo meccanismo penalizzerà evidentemente la produzione di energia da carbone".
Il programma del candidato democratico non si discosta molto infatti dal pacchetto 20-20-20 elaborato da Bruxelles, ma è tarato sulla cifra 10: mettere fine entro 10 anni alla dipendenza dal petrolio, 10% di rinnovabili entro 4 anni, ridurre in 10 anni del 15% i consumi di elettricità. Per questo il successo di Obama rafforzerà inevitabilmente la determinazione europea ad andare avanti, rendendo ancora più debole e isolato il tentativo italiano di bloccare tutto. Qualche settimana fa, Berlusconi, attaccando la direttiva Ue, aveva sentenziato: "I maggiori produttori di C02, che sono Stati Uniti e Cina, sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione". Vero, ma solo nel senso che Washington ora intende fare ancora più di Bruxelles, riconquistando la leadership tecnologica della rivoluzione verde. Se a Roma si insiste nel denunciare i presunti costi delle politiche ambientali, la promessa elettorale di Obama è stata invece quella di creare nel giro di dieci anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita e di arrivare a un taglio delle emissioni di C02 dell'80% entro il 2050.

Un piano d'azione che dopo qualche iniziale incomprensione legata al ruolo dei biocarburanti e del "carbone pulito" ha conquistato la stragrande maggioranza degli ambientalisti americani. "La travolgente vittoria di Obama e dei tanti candidati filo ambientalisti in giro per il Paese - esulta il presidente di Friends of Earth Brent Blackwelder - segnala un forte rigetto delle fallimentari politiche energetiche degli ultimi otto anni e un mandato storico per una trasformazione su vasta scala". Trasformazione, per dirla ancora con le parole di Silvestrini, che "rappresenta il ritorno degli Usa sulla scena mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici e un forte rilancio dell'industria delle fonti rinnovabili" rendendo "alla luce delle novità in arrivo ancora più imbarazzante e penoso il balbettio italiano per sottrarsi agli impegni contro il riscaldamento del Pianeta". Analisi che al nostro ministero dell'Ambiente sottoscrivono solo a metà. Il direttore generale Corrado Clini, snodo italiano di tutti gli ultimi negoziati per protrarre il Protocollo di Kyoto oltre il 2012, distingue infatti tra la politica ambientale di Obama e la volontà/possibiltà di sottoscrivere impegni vincolanti in sede internazionale. "Ho incontrato il suo staff nel settembre scorso - racconta Clini - e mi hanno confermato l'intenzione di dare una spinta poderosa alle rinnovabili e all'efficienza energetica, obiettivi resi credibili dal fatto di avere alle spalle settori importanti della finanza e dell'industria americana. Un percorso che innescherebbe un circolo virtuoso molto positivo, con ricadute anche in Cina". "Cosa diversa - aggiunge il direttore generale del ministero - è ritenere però che Obama possa pensare di accettare limitazioni alla sovranità statunitense attraverso un accordo come il Kyoto bis. Il Senato non lo accetterebbe mai, come è già accaduto con la bocciatura da parte di una maggioranza democratica della prima ratifica voluta da Clinton". "Pensare che la posizione europea esca rinfrancata dalla vittoria di Obama e di conseguenza che le obiezioni italiane siano più deboli - conclude Clini - mi sembra infondato, anzi, ora che esiste un obiettivo comune si aprirà un confronto sulle modalità per raggiungerlo. Di certo esce definitivamente sconfitto il partito di chi sostiene che per il clima non occorre fare nulla". Resta però il dubbio che il governo Berlusconi, dopo aver definito "una follia" la politica europea del 20-20-20, faccia parte proprio di questo partito.
(6 novembre 2008)
fonte: La Repubblica- http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/ambiente/clima-vertice-ue-2/obama-ambiente/obama-ambiente.html

Ho voluto inserire questo articolo per illustrare quali sono le prime “rivoluzioni” che intende attuare questo nuovo presidente degli Stati Uniti. Penso che come già detto da molti media, questo sarà il “ presidente del cambiamento”, il primo presidente nero certo, ma al di là di questioni di razza, un presidente innovativo, un uomo che sicuramente si interessa non solo del fattore economico ma anche di quello ambientale. Sicuramente questa svolta nella politica ambientale degli U.S.A. condizionerà ampiamente anche l’Europa e tutto il resto del mondo. Sarebbe un incoraggiamento anche per l’Italia se queste iniziative venissero realizzate nei tempi prestabiliti. E forse, chissà, un punto di partenza a cui potrebbero aderire in futuro anche India e Cina, potenze emergenti e responsabili di una buona percentuale di inquinamento del pianeta. Mi sembra buona anche l’idea di utilizzare le somme di denaro ricevute dalle industrie per la ricerca e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Questo sarebbe comunque un passo avanti che riguarderebbe la salvaguardia del pianeta intero.
Emma.

mercoledì 5 novembre 2008

Mai più "Merry Christmas"

Gb, Oxford cancella il "Natale"
Sarà sostituito dalla Winter Light Fest
A due mesi circa dal 25 dicembre, su richiesta di un'associazione di beneficenza locale, il leader del consiglio municipale di Oxford ha deciso di "cancellare" il Natale, mandando in pensione il termine "Christmas". Al suo posto, per riconoscere l'identità multietnica e multiconfessionale inglese, tutti gli eventi che ruoteranno attorno alla natività verranno denominati "Winter Light Fest" (Festività della Luce Invernale).
"L'intero periodo comprenderà attività di ogni genere per la durata di due mesi - ha spiegato a Repubblica Tei Williams, portavoce dell'associazione Oxford Inspires che ha avanzato l'idea -. In tale ambito ci saranno anche celebrazioni per il Natale, come i cori e le canzoni natalizie". L'obiettivo dichiarato dell'amministrazione è quello di ridimensionare l'eccessiva risonanza assegnata alla più importante festività cristiana a discapito delle altre religioni. "Faremo lo stesso un grande albero di Natale nella piazza principale della città, ma lo chiameremo in modo diverso", ha spiegato il sindaco Ed Turner.
In realtà però non si tratta solo di una questione linguistica, ma di un omaggio al "politicamente corretto", allo spirito multietnico del Paese e al rispetto delle minoranze anche in ambito religioso. Del resto negli anni scorsi anche altre città inglesi hanno deciso di non chiamare più "Natale" il Natale. Ora però la decisione arriva dal cuore pulsande del sapere britannico, la culla della cultura inglese, e la notizia ha destato molto clamore.
Contro la decisione di "cancellare" il Natale a Oxford si sono però subito scagliati non solo la Chiesa Anglicana e la comunità cristiana locale, ma anche i leader religiosi delle altre religioni. "Il Natale è la data del calendario attesa da tutti - ha spiegato Dice Sabir Hussain Mirza, presidente del Consiglio Musulmano della cittadina universitaria -. Non solo dai cristiani, ma anche i fedeli islamici e quelli di altre confessioni lo aspettano con trepidazione. Sono arrabbiato e deluso per questa iniziativa delle autorità locali. Il Natale è una festa speciale e non può essere cancellato". Gli fa eco il rabbino Eli Bracknell, direttode del Jewish Educational Centre, ilc entro studi ebraico di Oxford. "E' impotante mantenere un tradizionale Natale britannico. Qualsiasi iniziativa che diluisce la cultura tradizionale e la cristianità del Regno unito non è positiva per l'identità briannica".
3/11/08

Fonte: tgcom

vorrei sapere cosa ne pensate riguardo a questa decisione della città di Oxford. Questo annullamento del Natale, festa millenaria, è davvero un atto da ritenere "politicamente corretto"? C'è bisogno di eliminare le tradizioni per non recare offesa alle minoranze? Eliminando il Natale si toglie una festa tradizionale che accomuna le diverse religioni principali.
Non è una contraddizione eliminare il Natale per rispettare l'identità multietnica e multiconfessionale inglese?

Emma.

lunedì 3 novembre 2008

iniziamo.

Questo è solo un post di prova. Non mi presento e non dico nulla di me visto che lo scopo di questo blog è quello di trattare o scambiarsi opinioni su argomenti di attualità o su curiosità.
Colgo l'occasione per informare che inserirò in ogni post un articolo, indicando sempre la fonte, a cui aggiungerò un commento o una riflessione personale.

grazie in anticipo a chi deciderà di commentare.
Emma.